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LA RESPONSABILITÀ DEL DATORE DI LAVORO E DELL’ENTE IN CASO DI MANCATA ADOZIONE DEL PROTOCOLLO CONDIVISO 14.3.2020 (AGGIORNATO AL 24.4.2020)

di Antonio Iaia

 

In un articolo apparso su «Il Sole24Ore» del 7 maggio 2020, intitolato “Il rispetto dei protocolli esclude responsabilità dell’imprenditore”[1], apprendiamo come la corretta adozione delle misure prescritte all’interno del noto Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro, potrebbe evitare l’adozione di sanzioni di natura penale e civile, nei confronti del datore di lavoro. Il condizionale è d’obbligo stante l’assenza di una normativa ad hoc sul punto.

Tuttavia, come riportato nel summenzionato articolo, il sottosegretario per il lavoro e le politiche sociali, Stanislao Di Piazza, nel corso di una question time della commissione Lavoro alla Camera, ha chiarito che: «Una responsabilità sarebbe […] ipotizzabile solo in via residuale, nei casi di inosservanza delle disposizioni a tutela della salute dei lavoratori e, in particolare, di quelle emanate dalle autorità governative per contrastare la predetta emergenza epidemoligica» [2].

Si rammenta, infatti, come ad oggi la prosecuzione delle attività produttive possa avvenire unicamente in presenza di condizioni che assicurino ai lavoratori adeguati livelli di protezione. Pertanto, la mancata attuazione del Protocollo suddetto determina la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza [3].

Infine, per quanto concerne il nesso causale tra il contagio da coronavirus e l’ambiente di lavoro, spiega il sottosegretario Di Piazza: «Si fa presente che tale circostanza viene ricostruita dall’Inail attraverso un accertamento medico – legale che consente comunque di utilizzare un onere probatorio semplificato» [4]. Secondo il Ministero del Lavoro, quindi, il rispetto delle regole di cui al Protocollo messo a punto tra Governo e parti sociali, potrebbe evitare che al datore di lavoro possano effettuarsi contestazioni sia di natura penale, sia di natura civile.

L’adozione (o meno) del Protocollo può avere delle ripercussioni anche in tema di Responsabilità amministrativa degli Enti (D. lgs. 231/2001). Si osserva, infatti, come il contagio da Covid-19 in occasione dello svolgimento dell’attività lavorativa, equivalga ad un vero e proprio infortunio sul lavoro [5]. Da ciò consegue la relativa responsabilità dell’Ente il quale potrebbe essere chiamato a rispondere del reato presupposto di lesioni gravi o gravissime o, nella peggiore delle ipotesi, di quello di omicidio colposo (art. 25 septies D. lgs. 231/2001).
Affinché l’Ente possa andare esente da responsabilità, quindi, sarà necessaria l’adozione (o l’aggiornamento) dei Modelli di organizzazione e gestione, ex art. 6 D.lgs. 231/2001.

 

 

[1] G. NEGRI, Il rispetto dei protocolli esclude responsabilità dell’imprenditore, in Il Sole24Ore, 7.5.2020;
[2] G. NEGRI, Il rispetto dei protocolli esclude responsabilità dell’imprenditore, cit.;
[3] Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro, Premessa, pag. 3;

[4] G. NEGRI, Il rispetto dei protocolli esclude responsabilità dell’imprenditore, cit.;
[5] Cfr. art. 42, comma 2, D.L. 18 del 17.03.2020, convertito in Legge 24.4.2020 n. 27: «Nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato».